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Dai Balcani all’Asia centrale: l’atlantismo in marcia   

L’invasione angloamericana dell’Afghanistan nel 2001 si trasformò entro poco tempo in una guerra NATO dietro la giustificazione formale dell’articolo 5. È interessante notare, come fa lo scienziato politico canadese Carl Hodge, che in realtà non è stata la NATO a fare il lavoro più duro in Afghanistan:

La campagna di combattimenti in Afghanistan, comunque, è stata in realtà condotta quasi per intero dagli Stati Uniti con l’aiuto delle milizie locali dell’Alleanza del Nord nella veste di partner subordinati e la cooperazione del governo del [generale Pervez Musharraf in; N.d.A.] Pakistan è stata più determinante per l’esito positivo dell’operazione rispetto a qualsiasi membro della NATO

Un buon argomento che se ne può ricavare è che senza l’apporto di tutto quel variegato insieme di combattenti locali raccolto sotto il nome di Alleanza del Nord il conflitto avrebbe potuto avere ben altri sviluppi. Furono queste forze afgane (alleate o comunque legate a Iran, Russia, Tagikistan e India) a essere protagoniste di gran parte dei combattimenti contro le milizie talebane.

Come risultato della guerra statunitense in Afghanistan e del riposizionamento delle truppe sullo scacchiere dell’Asia centrale, la presenza militare statunitense nei Balcani subì una forte riduzione.

Qui si cela il nocciolo della questione nonché la sfida con cui la NATO si trova a dover fare i conti nella realtà: «Mentre l’Alleanza atlantica fu originariamente creata per difendere l’Europa occidentale e l’America del Nord, i suoi leader avevano invece interessi e doveri a livello globale». Adesso, pertanto, gli altri Paesi alleati degli USA non erano soltanto obbligati a rimpiazzare i soldati a stelle e strisce nei Balcani con i propri, ma dovevano anche mettere in campo le proprie risorse e l’arsenale militare a loro disposizione per aiutare gli Stati Uniti in questa e nelle future campagne di conquista.

Ciò sarebbe diventato del tutto evidente quando Washington aprì nel 2003 un nuovo fronte di guerra in Iraq e gli alleati della NATO subirono pressioni ancora maggiori per aumentare la loro presenza in Afghanistan.

Il ruolo della NATO in Afghanistan era meno pronunciato all’inizio del suo dispiegamento nel 2001 e nel 2002. L’Organizzazione si sarebbe posta alla guida dell’ISAF sotto la supervisione statunitense. L’ISAF venne originariamente creata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in data 20 dicembre 2001 come contingente internazionale per aiutare l’Afghanistan, ma lo strapotere esercitato al suo interno dai Paesi euroatlantici la rese di fatto una forza NATO.

Il suo mandato dapprima riguardava solamente la capitale afgana Kabul e i sobborghi nelle sue immediate vicinanze; il quadro sarebbe però mutato nel momento in cui gli Stati Uniti avessero rivolto la loro attenzione altrove, lasciando che gli alleati assumessero le missioni di combattimento in Afghanistan al posto loro. Una volta accaduto ciò il ruolo dell’ISAF e di conseguenza quello della NATO in Afghanistan divennero di gran lunga più chiari e gli Stati Uniti allora decisero di dirottare gran parte delle proprie risorse belliche in Iraq, nel 2003. In diretta correlazione con l’invasione angloamericana dell’Iraq, l’11 agosto 2003 il comando dell’ISAF venne ufficialmente assunto dalla NATO.

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